4.739 MILIARDI: IL VALORE DI 9 MESI DI EXPORT MANIFATTURIERO TREVIGIANO NEISETTORI AL ALTA CONCENTRAZIONE DI MPI

Una corsa inarrestabile quella dell’export manifatturiero della Marca Trevigiana dei settori ad alta concentrazione di MPI. Il fatturato ha, infatti, superato i dieci miliardi già nei primi tre trimestri del 2021, con un incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso di un miliardo e mezzo, pari a un più 17,2%. Dati che collocano la provincia di Treviso subito a ridosso di Vicenza con i suoi 14,5 miliardi e una crescita record del 22,1%.

«Di fronte a questi numeri serve un’azione organica», è l’invito di Oscar Bernardi, presidente di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana, «che tenga insieme strumenti tradizionali e innovativi per accompagnare sui mercati internazionali l’artigianato e le piccole imprese, segmento vitale del Made in Italy”.

I dati elaborati da Confartigianato confermano che l’aumento delle esportazioni, nei dieci anni precedenti la pandemia, è stato il più importante volano di crescita delle imprese venete. Merito della propensione all’innovazione, che ha migliorato la capacità produttiva e la qualità dei loro prodotti. Su questo trend positivo si è tuttavia abbattuta la scure della pandemia. Per questo i dati del 2021 sono decisivi per capire le tendenze future di ripresa.

I numeri delle esportazioni della Marca Trevigiana sono promettenti. Nel periodo gennaio-settembre, rispetto all’anno nero 2020, i settori che hanno avuto aumenti di esportazioni superiori al 20% sono il trasporto, con un balzo del 73,4%), seguito dalla metallurgia (+ 43,6%), dalla manifattura (+ 33%), dal tessile, che ha dato segnali di risveglio con un più 29,7%. A seguire, i prodotti in metallo (+ 24,8%), le apparecchiature elettrodomestiche (+ 23,3%), gli articoli in gomma e le materie plastiche (+ 21,8%) e i prodotti chimici (+ 20,8%). Nel quadro positivo vanno anche registrati due settori che per la prima volta entrano nell’export: la stampa e i prodotti registrati e il tabacco.

Dei 23 settori presi in esame da Confartigianato, solo tre hanno segnato un arretramento rispetto all’anno scorso. Il peggiore è stato il settore farmaceutico di base (-32%) che ha scontato la frenata dei sistemi sanitari non legati alla lotta al Covid-19. Altro settore meno brillante quello legato ai computer e ai prodotti di elettronica e ottica, agli apparecchi elettromedicali e agli apparecchi di misurazione e orologi, con un meno 12,1%. Non decollano neppure i prodotti alimentari, che segnano un leggero arretramento (- 1,2%).

«Questi dati positivi non devono farci abbassare la guardia», ammonisce il presidente Bernardi, «occorre stabilizzare le procedure incentivanti, quali il Fondo 394 Simest, e prevedere anche un fondo esclusivamente dedicato alle micro e piccole imprese. Servono soprattutto modalità operative semplificate e l’estensione dell’utilizzo delle misure Simest anche alle società di persona e alle ditte individuali che rappresentano un potenziale bacino di imprese internazionalizzabili.»

Rispetto ai mercati europei di vendita dei prodotti “Made in Treviso”, la Germania è sempre al primo posto con un miliardo e mezzo di fatturato (+13,6%), seguita dalla Francia, poco sopra il miliardo di euro (+ 22,7%), dalla Spagna (+ 17,6%) e dalla Romania, che ha avuto il balzo in avanti maggiore, con un più 28,2%. Bene anche la Polonia con un più 20,8%.

Complessivamente, l’export nell’Unione europea vale oltre sei miliardi, con incremento i nove mesi del 15,9%. Ancora meglio è andata nei mercati extra UE, con un aumento delle esportazioni del 19,2% e un fatturato di oltre quattro miliardi. In testa gli Stati Uniti, con 851 milioni di euro e un più 23,3%, seguiti da Regno Unito con 601 milioni, con un lieve incremento del 3,1%, dovuto anche alle difficoltà della Brexit. Terzo mercato è la Svizzera con quasi 259 milioni (+ 20,2%), la Russia (226,7 milioni, più 18%) e la Cina (209,4 milioni, più 12,3%). Gli aumenti più consistenti dell’export trevigiano si sono poi registrati con Israele (+ 31,6%) e il Canada (+ 27,3%). «Lo strumento del Digital Temporary Export Manager va ulteriormente rafforzato», co clude il presidente Oscar Bernardi, «poiché consente di non caricare costi strutturali sulle piccole imprese e può rappresentare un’interfaccia formativo per risorse interne all’azienda. È infatti importante consentire alle MPI di camminare sulle proprie gambe, anche al fine di poter approfittare delle occasioni offerte dall’incremento del commercio digitale. È pertanto necessario stabilizzare questo strumento ed estenderlo anche alle ditte individuali e società di persona».