UCRAINA: LA GUERRA SPAVENTA PIÙ DELLA PANDEMIA. TREVISO IN PRIMA LINEA CON OLTRE 18.500 IMPRESE E 116.600 ADDETTI

Oscar Bernardi, presidente Confartigianato Imprese Marca Trevigiana

La Marca Trevigiana fa i conti con le conseguenze della guerra in Ucraina. Treviso è la quarta provincia veneta a risentire degli effetti del conflitto con il 38.4% dell’occupazione dell’intero sistema imprenditoriale coinvolto. Dato molto superiore alla media nazionale del 30,7% e di poco inferiore alla media veneta che si attesta al 40.5%.
La causa sono le violente sollecitazioni sull’offerta e sui prezzi delle commodities.

Sotto pressione nella Marca sono oltre 18.500 imprese, con 116 mila 600 addetti.

«Il conflitto in Ucraina», sottolinea Oscar Bernardi, presidente di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana, «ha reso evidente che il nostro Paese manca di una politica energetica e a pagarne i costi sono le micro e piccole imprese. Va affrontata la complessa regolazione del settore elettrico nazionale e contemporaneamente quella del mercato europeo per poter applicare un tetto al prezzo del gas, così come va incentivata la produzione di energia da rinnovabili».
Nella trincea del caro energia si collocano in prima linea i settori manifatturieri con una maggiore intensità energetica: dalla petrolchimica alla metallurgia, dal vetro e ceramica alla carta. In questi comparti energy intensive sono sempre più numerosi i casi in cui il divario tra costi e ricavi sta diventando insostenibile, costringendo al fermo dell’attività.

«A due anni dal lockdown sanitario siamo arrivati al lockdown energetico», denuncia il presidente Bernardi, «un rischio nella Marca per 528 imprese, con 10.200 addetti». Le carenze di materie prime provenienti da Russia e Ucraina coinvolgono sempre in provincia oltre 10.450 imprese nei settori di alimentare, metalli e costruzioni, comparti che contano complessivamente 37.700 addetti. Mentre il caro-carburanti colpisce il trasporto merci e persone che contano tremila imprese e 11.800 addetti.
Il Veneto è poi uno dei territori più esposti d’Italia sia per l’export di moda e macchinari in Russia e Ucraina con quasi 10mila imprese di cui 1.660 trevigiane e 147.735 addetti complessivi di cui 13 mila trevigiani, sia per il turismo dove la spesa dei turisti russi è al primo posto. Sono a rischio 4.100 imprese trevigiane, su 27 mila 500 venete, con 18.600 addetti.

Nel mese di marzo l’Istat ha registrato a livello di sistema Paese un crollo dell’indice di fiducia delle imprese. Il saldo delle imprese manifatturiere e dei servizi che cede mediamente 36,6 punti. La guerra fa peggio della pandemia sulla fiducia dei consumatori, il cui indice a marzo 2022 perde 11,6 punti rispetto al mese precedente, un calo più ampio del -10,1 punti di marzo 2020, mese dello scoppio della pandemia e dell’inizio del lockdown sanitario.
«I maggiori costi pagati dalle imprese», fa notare Oscar Bernardi, «sono “gonfiati” da una più alta tassazione dell’energia che, non rispettando il principio ‘chi inquina paga’, penalizza maggiormente le piccole imprese, come nel caso dell’elettricità. Inoltre, in sette anni si è dimezzata la produzione di gas naturale, mentre la bassa presenza dei rigassificatori, e il loro sottoutilizzo, riduce l’accesso a fornitori alternativi alla Russia».